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GLI OCEANI A TUTTO VOLUME

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(di Martina Laudati)

L’inquinamento acustico degli oceani è un problema già noto da oltre un secolo, ma solo ora il recente lavoro (appena pubblicato sulla prestigiosa rivista Science) condotto da 25 scienziati di tutto il mondo, che hanno condiviso i propri studi in ambiti diversi della bioacustica subacquea, ha portato a galla prove schiaccianti e conclusioni sorprendenti. Si è così compreso, infatti, che le onde sonore viaggiano per migliaia di chilometri e fanno molti più danni nel tempo rispetto a un “semplice” sversamento di petrolio, che rimane comunque localizzato.

Questo incessante frastuono sottomarino – causato dal passaggio delle grandi navi cargo ma anche dai cannoni ad aria compressa usati per la tomografia sismica (lo studio della struttura interna della Terra), dalla pesca illegale con la dinamite e dalle piattaforme di perforazione petrolifera – soffoca i suoni naturali dei mari e sottopone la vita a uno stress tale da impoverirne la fauna. Il rumore causa il disorientamento non solo delle balene, perchè fa da punto di riferimento per tutte le creature del mare che grazie a esso riescono a spostarsi per mangiare e per riprodursi.

Al di là della già provata capacità di comunicazione dei mammiferi marini attraverso i suoni (le megattere comunicano su grandi distanze con canti misteriosi e i delfini si chiamano per nome), anche i pesci pagliaccio, tanto per fare un esempio, soffrono la situazione: trascorrono infatti la prima parte della loro vita come larve alla deriva nell’oceano ma, quando sono cresciuti abbastanza per nuotare controcorrente, tornano al loro habitat sentendo il “gorgoglio della barriera corallina”, quel suono caratteristico prodotto dalle onde che si infrangono sulla medesima.

Detto questo, una soluzione di facile applicazione è dietro l’angolo: l’interruzione delle attività umane all’inizio della pandemia ha dimostrato quanto velocemente la natura sia capace di recuperare.

Sembra infatti che basti rallentare la velocità delle navi cargo e a volte modificarne la rotta evitando le aree sensibili, oltre a cambiare le eliche tradizionali con modelli “a bassa cavitazione”, quel fenomeno che produce miliardi di piccole bolle attorno alle pale che poi implodono producendo un rumore impressionante. Sono in fase di studio perfino delle coperture sotto la chiglia per isolare il rumore.

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