Nonostante la moda che vede trionfare ormai da oltre quindici anni gli arbalete, sono sempre stato un utente di armi ad aria compressa e, soltanto occasionalmente ho adottato gli arbalete. E così mentre si succedevano generazioni di armi a elastici con sempre nuovi e diversi accorgimenti (ogive, elastici, aste, carbonio e legno) il sottoscritto continuava a vivere nel mondo degli oleopneumatici con i suoi rari e piccolissimi cambiamenti. Lo sanno anche i sassi che io non sono un gran tecnico, ma – come dicevo – i fucili ad aria compressa sono cambiati pochissimo e quindi anche io sono in grado di fare perfettamente il punto della situazione. E’ facile farlo eppure leggendo i molti articoli pubblicati su questo argomento non sono riuscito a trovare le poche e chiare spiegazioni che vi riporterò di seguito. Come mai? Mistero.
Cominciamo dall’inizio. I fucili olepneumatici conquistano il grande pubblico come modelli corti con robuste aste da otto millimetri, da armare con le fiocine per la pesca in tana. Si dimostrano inoltre ottime armi in tutte le misure ed in particolare sono fantastici i lunghi cannoni per la caccia ai pelagici, specie in considerazione della eccezionale capacità di scagliare le aste pesanti con potenza sufficiente da bucare qualsiasi cosa a fine corsa. A questo punto della storia gli oleopneumatici hanno conquistato quasi tutto il mercato e comincia la riscossa degli arbalete con le loro numerose e continue innovazioni tecniche. Ed i fucili ad aria perdono terreno piano piano sul mercato fino ad essere praticamente soppiantati da quelli ad elastico. Come mai? Perché le Ditte del settore non si sono impegnate nelle innovazioni per i fucili ad aria come hanno fatto per gli Abalete? La risposta è semplice. Modificare un particolare di un fucile ad aria, come per esempio la canna interna, richiede la predisposizione di un nuovo modello per la produzione industriale che ha costi altissimi, nell’ordine di centinaia di milioni di vecchie lire. Vale la pena di rischiare? Il nostro è un piccolo mercato di nicchia. Meglio le piccole modifiche degli arbalete che costano poco in termini di costi industriali fissi. Ma quale è questa immutabile struttura di base degli olepneumatici? Quella dei vecchi Sten della Mares! Canna interna da 13 millimetri (giusta per aste da otto millimetri). Canna esterna cilindrica. Pulsante di sicura sopra il grilletto. Sganciasagola sotto il grilletto.
Lavorando su questa base alcuni subacquei allargavano i fori della testata per favorire l’uscita dell’acqua nel corso del tiro, eliminavano la sicura e adottavano (come il sottoscritto) un’asta da sette millimetri per ottenere un tiro più rapido. Anche se chiaramente un’asta non in linea con le dimensioni della canna interna provocava, durante il tiro, la necessità di espellere più acqua.
Sempre la Mares lanciò la nuova (e fino ad oggi unica) rivoluzione con il Cyrano, risolvendo tutta una serie dei problemi dei vecchi oleopneumatici della serie Sten. Canna interna da 11 millimetri per poter sparare di serie aste da 7 millimetri (e molti come il sottoscritto già adottano sul Cyrano le aste da 6,5). Puntale rastremato per migliorare la mira, ostacolata dal vecchio ingombrante tubo cilindrico. Sicura dentro il vano del grilletto in posizione tale da renderne impossibile lo scatto involontario. Sganciasagola laterale. Asta taitiana con aletta lunga di serie. Comoda vite per regolare la sensibilità del grilletto. Dopo la rivoluzione Cyrano ci sono state solo tre modifiche significative. La prima è quella della serie Stealth della Sporasub, che ha combinato la canna da 11 millimetri con il vecchio fusto cilindrico. Infatti a parere di alcuni il nuovo fusto del Cyrano aveva appesantito il fucile in punta e quindi lo Stealth – tornando parzialmente all’antico – cercava di ovviare a questo problema. La seconda è quella della serie Scorpion della Omer che prevede il cilindro esterno rastremato ma con canna interna sempre da 13 millimetri. La terza è quella attualissima del Mamba della Maori Sub, nella quale si cerca di evitare che entri acqua nella canna interna in fase di caricamento con una guarnizione basculante. Quindi l’idea della Maori è tutta nel famoso Kit di “Mambizzazione”, che contiene una nuova testata da avvitare sui fucili al posto di quella di serie. Questa testata Mamba non ha i fori per l’uscita dell’acqua e contiene invece la struttura d’invito per la guarnizione basculante. Il principio del prodotto Maori è semplice, se l’asta è sottovuoto il tiro parte più veloce e senza rinculo. A parte questo ci sono stati solo dei restyling senza grande impatto tecnico.
Qual è l’opinione mia e di tutti gli oleopneumaticisti silenziosi sulla situazione di sviluppo del nostro vecchio amato fucile ad aria compressa? Guardate non c’è da fare grandi “spremute di cervello”. La situazione è molto semplice ed è nota a tutti e, se ci sono problemi nel produrre gli sviluppi che sono necessari, è soltanto per ragioni di costi e non perché manchi la grande idea geniale.
Dunque la canna da 11 millimetri ha dimostrato una superiorità assoluta su quella da 13 millimetri e quindi – a meno che non si abbiano motivi particolari per usare aste da 8 millimetri (per fare leva nell’estrarre polpi o cernie) – non si capisce proprio perché si dovrebbero usare fucili ad aria con canne interne da 13 millimetri. Il fatto che moltissimi pescatori subacquei amanti degli oleopneumatici adottino aste da 6,5 millimetri e non abbiano nessun problema di caricamento dimostra chiaramente che la linea di sviluppo dovrebbe essere quella di produrre armi con aste interne da 10 millimetri o forse anche da 9. Per quanto mi riguarda garantisco che non esisterebbe nessuna difficoltà a caricare un fucile ad aria con un’asta da 6 millimetri di diametro e come me potrebbero garantirlo tutti gli utenti abituali di fucili oleopneumatici. Si tratta solo di tecnica e di abitudine. Credo che se le Ditte non sviluppano questa ipotesi sia solo per ragioni di costi e non certo perché non ci abbiano pensato. L’idea del Mamba è ottima come modifica a basso costo, ma prevede, come condizione irrinunciabile, che non entri acqua dentro la canna interna. Se per qualsiasi motivo durante il caricamento o durante l’azione di pesca entra acqua dentro la canna interna il fucile – che non ha nemmeno i fori sulla testata – praticamente non sparerà affatto. E’ un po’ preoccupante non vi pare?
Ma sono veri i vecchi luoghi comuni? Il fucile ad aria compressa è superiore all’arbalete solo nelle misure cortissime e lunghissime? Non c’è niente di meglio di un novanta ad elastici per la pesca al pesce bianco?
Non credo proprio. Per prima cosa la mira. L’asta dell’oleopneumatico forse parte leggermente più lenta di quella dell’arbalete in quanto acquista energia per tutta la corsa del cilindro dentro la canna, mentre l’asta dell’arbalete ha già ricevuto tutta l’energia dagli elastici prima ancora di uscire dal fucile. Ma correndo lungo la canna interna l’asta del fucile ad aria si indirizza lungo una linea perfettamente dritta, ed è – a mio avviso – tutto da stabilire che l’arbalete con il suo sistema di propulsione disassato sia in grado di garantire lo stesso risultato. Ma la mira? La mira è solo una questione di abitudine. Dopo tanti anni io sparo con i Cyrano tenendo tutti e due gli occhi aperti. Eppure miro con l’occhio destro. Come faccio? Si tratta solo di abitudine e spesso miro e colpisco la pinna laterale di un pesce di trecento grammi a tre metri di distanza. Il fucile ad aria buca anche pesci grossi da lontano e non prevede le tacche sull’asta che ne indeboliscono la struttura. Ripensate alle mie parole quando vi troverete il ricciolone in cinque metri d’acqua! Il fucile olepneumatico con la sua straordinaria potenza mette il pesce bianco quasi sempre in sagola. E non esiste accorgimento migliore per non strappare il pesce che quello di metterlo in sagola; sono sicuro che con un arbalete strapperei il doppio delle prede. E tutto questo senza voler parlare del brandeggio e della velocità di caricamento.
Quindi concludendo e riassumendo. La soluzione al tema dell’evoluzione del fucile ad aria è semplice e tutti noi aficionados la conosciamo bene. La canna interna da 11 millimetri è stata fantastica ed abbiamo imparato a caricare con facilità aste da 6,5 millimetri. E’ chiaro che per il pesce bianco varrebbe la pena di predisporre una canna interna di diametro ancora più ridotto per un’asta da 6 millimetri. Semplice no? Eppure ho letto di recente su una rivista specializzata un articolo sugli olepneumatici in cui sembra che esistano chissà quante varietà di armi sul mercato e chissà quante problematiche di sviluppo? Sarà vero? Forse sono io che sono un semplicione.