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I PRIMI PASSI – AL GARGANO
Gargano: tra Peschici e Vieste nel 1976
Non mi ricordo di chi fu l’idea. Era settembre, avevamo 16 anni e all’epoca la scuola riprendeva il primo di ottobre. Qualcuno disse di andare una settimana sul Gargano in tenda e la mattina dopo partimmo così, con tre zaini e due tende canadesi verso la Stazione Termini per cercare un treno, come se il Gargano fosse collegato bene come Milano. Ricordo un’odissea con svariati cambi di treno e alla fine arrivammo da qualche parte dove ci dissero che la corriera estiva che percorreva la litoranea aveva cessato le corse perché ormai era bassa stagione. C’era solo la corriera che percorreva la statale verso i paesi principali. Ma dissero anche che, “per fortuna”, c’era un crocevia della statale dove il mare distava solo 4 chilometri e se avessimo chiesto il favore l’autista ci avrebbe fatto scendere in quel punto.
Una volta arrivati al mare ci sarebbero state buone probabilità di trovare almeno un paio di campeggi ancora aperti. Avevamo 16 anni, nulla ci faceva paura e il mondo era la nostra palestra. Accettammo. Una volta scesi prendemmo il cammino verso il litorale ma uno dei tre era un poco più lento degli altri. Ero io. Avevo in vita la cintura dei pesi e sulle spalle uno zaino più pesante degli amici perché conteneva la giacca della muta, le pinne e un Medisten prima serie. “Il baloccaio pazzo” mi chiamavano gli amici, perché, a differenza di loro, nello zaino avevo solo due magliette, due calzoncini e un golf. Tutto il resto dello spazio era dedicato all’attrezzatura che loro consideravano fatta di giocattoli superflui.
Arrivammo in un campeggio da qualche parte tra Peschici e Vieste dove, al momento, c’erano solo una decina di tende. Un piccolo spaccio con poche cose ci consentì di acquistare quanto bastava per sopravvivere e raggiungemmo la spiaggia. Una spiaggia mostruosa, profonda almeno 50 metri e di sabbia durissima (oggi quella spiaggia è scomparsa mangiata dal mare ndr) dove si poteva costruire la più bella pista per palline della storia (che in effetti costruimmo nei giorni successivi con curve paraboliche alte un metro e mezzo). Ma soprattutto davanti alla spiaggia c’era un’isola, situata a poche centinaia di metri da terra e quindi raggiungibile a nuoto. Anche dopo aver parlato con alcuni ragazzi milanesi, presenti in campeggio, che sostenevano di essere pescatori sub ma di non aver visto un pesce in tutta la settimana, rimasi convinto che avrei sicuramente trovato qualche preda interessante. Il posto era troppo bello.
La mattina dopo partii dalla spiaggia a nuoto con le mie rondinelle corte dell’epoca e, in circa mezz’ora di pinne, raggiunsi la scogliera. Sotto ogni sasso c’era un polpo di due chili. Ma come avevano fatto quei milanesi a non vederli? Mistero. Comunque appena tornato a terra feci un accordo con due famiglie di pugliesi che erano in campeggio. Tutti i giorni avrei portato loro i polpi e poi avremmo fatto a metà del sugo cucinato dalle mogli, le quali mi guardavano con occhi di odio per il lavoro che gli portavo. Ma i due mariti pugliesi e tutti i miei amici furono contentissimi. Il giorno dopo, con il mio fedele medisten con fiocina, cercai in qualche tana intorno all’isola e, sotto uno spacco molto scuro, vidi un occhio che mi guardava e poi, osservando meglio, misi a fuoco una testa grande come quella di un cane che era attaccata all’occhio. Subito dopo, un grongo mostruoso che non fummo in grado di pesare ma che poteva essere di una decina di chili, iniziò un terribile tira e molla con me mentre cercava di girare su se stesso per scrollarsi l’asta da otto con cinque punte che gli avevo piantato in testa. Mentre, mezzo infilato sotto lo spacco, lottavo contro il pescione, sentii un terribile bruciore alla bocca: un filamento di anemone mi si era attaccato sul labbro. Ma non potevo lasciare la presa per ripulirmi, pena perdere il grongone che si sarebbe infilato nel profondo dello spacco. Resistetti al dolore e mi ripulì solo dopo essere salito in superficie con il pesce. Insomma quei secondi persi con l’anemone sulla bocca mi procurarono una piaga tanto profonda sul labbro che ancora adesso, a distanza di oltre quaranta anni, ho una cicatrice sul labbro che mi ricorda il mio desiderio immenso di portare a galla quel pesce. Rammento che poi, il giorno successivo, feci una leggendaria pescata di cefali in tana. Potrei scrivere sette pagine per ricordare tutte le altre avventure di pesca di quella vacanza, una per ciascuno dei giorni successivi. Fino al settimo giorno quando ci venne a prendere un amico più grande di noi (aveva 18 anni) con la sua Fiat Cinquecento rossa. Si, avete capito bene, ripartimmo dal Gargano in quattro persone dentro una Cinquecento con 4 zaini e 2 tende. Tutto dentro l’abitacolo, senza portapacchi. Sulla salita montana dell’ A24 verso Roma, l’amico che guidava dovette ingranare la seconda per riuscire a fare avanzare la Cinquecento stracarica. Non ho mai dimenticato la meraviglia e l’avventura di quel campeggio tra Peschici e Vieste nel settembre del 1976.
Chi è Marco Coluccelli
Oggi ci accompagna a pescare idealmente in questa parte nord del Gargano un forte pescatore di queste zone: Marco Coluccelli. Grande appassionato di sport in generale, Marco pesca spesso in questo litorale splendido e difficile al tempo stesso. Nel 2013 ha fondato il Gruppo FOVEAPNEA, “Fovea” è l’antico nome di Foggia (che significa “fossa” ed era il posto dove si metteva il grano) e FOVEAPNEA è un gruppo di “lupi solitari” che sono diventati amici tra di loro. La mia fortuna – ci dice Marco Coluccelli – è stata quella di conoscere Guido Fusaro, fortissimo pescatore garganico e profondo conoscitore dei fondali e delle correnti. Guido Fusaro è la persona che tutti vorrebbero avere al proprio fianco in mezzo al mare, i suoi consigli preziosi fanno la differenza tra un bel carniere ed un cappotto preannunciato. Ho ancora molto da imparare da lui. Prima di conoscerlo credevo di sapere tanto sul Gargano ma vederlo all’opera mi ha fatto ricredere. C’è sempre molto da imparare.
In buona sostanza – conclude Marco Coluccelli – Se avete intezione di passare dal Gargano, chiamateci. FOVEAPNEA é su Facebook e tutti i lupi solitari del gruppo, seppur con un po’ di diffidenza, saranno lieti di informarvi sugli spot migliori, sopratutto se venite da molto lontano e non avete intenzione di ritornare molto presto….
Le bizze del meteo
Quando cambia il tempo il Gargano non avvisa mai. Il Gargano è isolato, duro, ribelle. Spesso e volentieri torbido, al punto che te la prendi con te stesso e con la tua maledetta follia di voler mettere la sveglia alle 4. Il Gargano non svela facilmente le proprie magie, ma devi saperlo amare lo stesso, con il suo mare spesso impenetrabile e le sue coste a picco sulla sabbia, al cui margine ti aspetteresti delle rocce, ma poi quando ci arrivi vedi che in realtà non c’è niente, solo inutile sabbia. Ma proprio quando pensi di esser nato nel peggior posto in cui un pescatore in apnea possa desiderare nascere, succede qualcosa. Tutto in un attimo. Arriva un giro di vento da maestrale a scirocco o una libecciata seriosa e ti si allarga il cuore. Senti l’odore del “mare giusto” che arriva. E’ lui che ti chiama e tu devi essere pronto, non ci sono mal di schiena che tengano, nessun impegno, nessun altro problema, non hai scuse. Quando arriva questo momento la sveglia tanto odiata diventa la tua migliore amica, anzi talvolta accompagni dolcemente le sue lancette con lo sguardo, affinché tutto accada quanto più velocemente possibile. Sai che a pochi chilometri da te anche il tuo compagno si sta alzando per arrivare puntuale all’appuntamento, questione di minuti, poi tutto si ripeterà con gli stessi gesti, con gli stessi modi, come accade ormai da 25 anni. Ma prima di te c’erano altri ed era già così. E’ la legge della pesca e della vita dei pescatori e, in realtà, a pensarci bene, niente è diverso da com’è sempre stato.