45 anni e 4 figli, si è avvicinata all’apnea solo nel 2019 conquistando nello stesso anno il titolo italiano Dyn Mono. Viene dal pinnato e in acqua “corre” come pochi. Vive a Locarno e lavora come infermiera gestionale
Una cosa è certa, Cristina Francone è un’atleta particolare. Non ci credete? Allora leggete qui. 45 anni, 4 figli, un lavoro come infermiera in ambito gestionale con un master in Gestione sanitaria e una grande, smisurata passione per l’acqua. Non vi basta ancora? Cristina ha debuttato nell’apnea il 1° febbraio del 2019 e neanche un mese dopo, il 24 per la precisione, a San Marino ha realizzato 212 metri in dinamica monopinna. Da quel giorno non si è più fermata, inanellando record e vittorie, risultati che gli hanno spalancato le porte della Nazionale.
«Ho sempre amato lo sport – ci racconta Cristina -. Sono nata con il nuoto, poi sono passata al pinnato e dal 2019 all’apnea. Credo di aver stabilito un record particolare. Sono stata Nazionale in 3 discipline diverse, credo che sia cosa poco comune. Nel 1994/1995 ero in Nazionale di triathlon, poi per 2 stagioni lo sono stata nel pinnato (lasciata perché aspettavo il mio primo bimbo, Gabriel, ora anche lui atleta Nazionale per la squadra Svizzera di nuoto pinnato), e lì ho anche vinto diversi titoli assoluti e infine nell’apnea».
Quindi hai fatto anche Triathlon?
«Sì, erano gli inizi di questo sport. Ho ottenuto buoni risultati anche se la bicicletta era il mio punto debole, non tanto in salita quanto in discesa. Ero, senza tanti giri di parole, una fifona, non mi sentivo sicura e perdevo parecchio rispetto alle mie avversarie».
Dove vivi?
«In Svizzera, a Locarno, con i miei 4 figli. Mi alleno con la squadra locale di pinnato 4 o 5 volte alla settimana in cui inserisco poi le mie sessioni di apnea».
Come mai ti sei avvicinata all’apnea?
«In maniera casuale. Ho conosciuto Fabio Benevelli, tecnico della Uss Gonzatti, squadra con cui ho scelto di crescere e fissare i miei obiettivi sportivi, e da lì è partito tutto. L’idea era di concentrarmi sull’endurance, vista anche la mia estrazione di pinnatista, poi però ho scoperto la dinamica. È stato amore a prima vista».
3 cose che ti caratterizzano come persona e come atleta?
«Sicuramente la passione. Che è fortissima, altrimenti non riuscirei a sopportare tanti sacrifici per poter fare tutto. Sono poi molto determinata, mi pongo obiettivi ben precisi e lavoro senza indugi per raggiungerli. Infine, sono organizzata, molto strutturata. Gestire 4 figli, un lavoro di 8 ore al giorno e lo sport ad alti livelli sarebbe impossibile senza queste 3 prerogative».
Nell’apnea quanto contano i muscoli e quanto la testa?
«La testa conta molto, come in tutti gli sport praticati ad alto livello, probabilmente nell’apnea va però utilizzata diversamente da come sono sempre stata abituata. Ecco, io devo imparare a convertire le capacità e le esperienze acquisite nella mia lunga carriera sportiva, in strumenti utili e usufruibili in questa disciplina. Fisicamente ho un’ottima base (tenendo presente anche la mia non più giovane età), alleno la condizione in maniera metodica e, direi, “intransigente” (e questo grazie al supporto di un tecnico di nuoto pinnato tra i migliori al mondo, Dimitri Kalas, e a una squadra di altissimo livello mondiale in acqua con me tutti i giorni). Ora, a tutto questo, devo affiancare un percorso di conoscenza della nuova disciplina e di me stessa in essa, che mi permettano non di stravolgere la mia natura, ma di arricchirla! Dunque, per rispondere alla domanda, l’ottima prestazione è data dall’ottimale connubio di muscoli e testa, rispettando la natura di ciascuno. Io e il mio tecnico, Fabio Benevelli, stiamo appunto lavorando oltre i soliti dogmi di “l’apnea si fa piano”».
L’evoluzione della monopinna e delle altre attrezzature quanto ha influito sulle prestazioni nelle ultime stagioni?
«In apnea non lo so; sono nell’ambiente da troppo poco tempo per poter giudicare. Nel pinnato, fino al 2001, usavo monopinne piatte di fabbricazione Russa, mentre quando ho ripreso, nel 2015, c’erano mono inclinate. E le prestazioni erano migliori. Serve però una nuotata diversa per sfruttarle al meglio. Per me è importante avere la scarpetta molto stretta. Devo sentirmi tutt’uno con l’attrezzatura, non ci devono essere giochi di alcun tipo. Solo così riesco a rendere al meglio».
Come mai sei approdata in Cetma dopo poco tempo passato in Mares?
«A prima vista può sembrare strano, ma non è così. L’inverno scorso Mares mi aveva chiesto di entrare a far parte del Team, poi però il lockdown ha congelato tutto. Nel frattempo, stavo già usando un paio di pinne della Cetma (le Taras) che Andrea Salomi mi aveva proposto in occasione dell’ultimo Eudi Show. E mi ero subito trovata bene; avevo fatto 209 metri alla prima gara e poi un bellissimo 4° posto agli Europei di Istanbul! Così durante i mesi di chiusura ho riflettuto e ho deciso di proseguire la collaborazione con Cetma, visto che con le pinne avevo avuto subito un buon feeling. Da settembre mi sto allenando con la monopinna Taras. Anche in questo caso il feeling è stato subito ottimo, ha una pala fantastica, stabile e reattiva… che diventa un tutt’uno con me e segue leggera la mia pinneggiata».
Come vedi il movimento dell’apnea tra 3 anni?
«Il mondo dell’outdoor non lo conosco e non sono in grado di dare giudizi. Nell’indoor mi riallaccio a quanto detto prima e mi auguro che ci possano essere prospettive diverse. Come in ogni sport ci sono possibilità di evoluzione e questo riguarda anche la mentalità, il “vado piano e vado lontano” potrebbe essere rivisto anche se poi la velocità non è un valore assoluto, ma deve essere considerato come relativo alla propria nuotata, preparazione fisica e quant’altro. Da quando ho iniziato mi hanno bombardata di consigli, senza tener conto del mio background sportivo. Per il momento sono un po’ un’anomalia (forse non l’unica, ma per una serie di eventi ho dato parecchio nell’occhio) e potrebbe essere utile per il movimento non considerare ciò negativo o non produttivo per il futuro…».
In cosa ti devi ancora migliorare?
«In poche parole, devo imparare a conoscere l’apnea: ad ascoltarla, a percepire segnali a cui non sono abituata. A utilizzare gli strumenti che ho in maniera diversa o a procurarmene di nuovi. “La catena è forte quanto il suo anello più debole”, mi ripete spesso Benevelli quando storco il naso a proposte di allenamento “particolari”. Stiamo lavorando esattamente su questo».
Sei superstiziosa?
«Sì. Come tanti ho anch’io i miei riti. Faccio la borsa sempre allo stesso modo, idem per la vestizione e la preparazione. È cosa comune in tutti gli sport e l’apnea non fa eccezione. Magari dimentico il collare sul bordo prima di una dinamica agli Europei e quasi non mi fa nulla, ma guai se mi si rompe la cuffia…».
Sogno nel cassetto?
«Riuscire a raggiungere ciò che lo scorso anno ho solo sfiorato».
Il palmares
Nel 2019: 4° Dyn mono, Freediving Indoor European Championship di Istanbul, 3° Dnf, Campionati italiani estivi, 1° Dyn mono, Campionati italiani primaverili e 2° 8X50 endurance
Nel 2020: 1° Dyn mono al Trofeo Gonzatti, 1° Dyn Bf al Trofeo Sondrio, 1° Dyn mono al Trofeo Apnea Romagna