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Senza Categoria

La temperatura dell’acqua

(di Gherardo Zei)

Nella pesca subacquea ci sono fattori fondamentali di cui si parla poco, forse perché non hanno risvolti emozionanti o spettacolari. Si dibatte ad esempio molto più del mimetismo che della zavorra. Eppure non c’è pescatore che potrebbe smentirmi se affermo che l’influenza della corretta zavorra sulle catture è più decisiva ed evidente di quella del mimetismo, la cui reale incidenza in molte circostanze è tutta da dimostrare. Si discute più dei fucili che della temperatura dell’acqua. E questo nonostante sia indiscutibilmente vero che i pesci arrivano quasi sempre a una distanza tale da poterli catturare con qualsiasi fucile, mentre se la temperatura dell’acqua non è quella giusta non incontreremo nessun pesce e, in tal caso, sarà irrilevante la performance dell’arma che impugniamo.

D’altra parte, come ognuno può constatare, i pesci non hanno il cappotto, non hanno il termosifone e non hanno i supermercati e non hanno nemmeno i siti web per cuori solitari. Quindi costantemente tutte le specie (in parte perfino quelle stanziali o semistanziali) si spostano verso l’acqua più pulita, più calda e più ricca di nutrienti e inoltre – come tutti noi – cercano l’appagamento dell’atto riproduttivo.

Per capire i cicli di modificazione della temperatura dell’acqua e i conseguenti comportamenti dei pesci è necessario conoscere innanzitutto i principi generali. E poi sulla base di tali principi bisogna ragionare sulle caratteristiche peculiari della zona in cui operiamo e sulla situazione specifica delle quote che decidiamo di esplorare.

Il ciclo annuale della temperatura

La temperatura dell’acqua non è soggetta (nel suo complesso) a sbalzi tanto repentini come quella dell’aria. Siamo abituati in pieno inverno ad avere escursioni tra la notte e il giorno veramente impressionanti, anche di 15 gradi. Mentre l’acqua modifica la propria temperatura con molta lentezza e questo determina il ben noto effetto temperante del mare nei confronti del clima di cui si gode nelle località marine.

Parlando delle nostre località del Tirreno, per esempio, in un’estate media in cui in agosto la temperatura dell’aria arriva a 36 gradi, quella dell’acqua in superficie non supera i 28 gradi e quindi raffredda l’aria che le viene a contatto, contribuendo a mantenere la temperatura della località marinara più bassa di qualche grado e meno soffocante di quella di città. La stessa cosa avviene in inverno, quando la temperatura dell’aria arriva spesso a 3 gradi e quella dell’acqua non scende quasi mai sotto i 12 gradi (e arrivando da Roma a Santa Marinella trovo invariabilmente due o tre gradi in più di temperatura).

Dunque, seguendo il suo ciclo annuale “lento”, la temperatura dell’acqua con una certa inerzia raggiunge il suo picco caldo ai primi di settembre (nel Lazio circa 28/30 gradi in superficie) e il suo picco freddo alla fine di marzo (nel Lazio circa 12/14 gradi in superficie). Già da questa osservazione si capisce bene perché siano tanto pescosi i mesi di settembre, ottobre e – in certi anni – perfino di novembre e dicembre. Infatti si tratta di mesi con acqua ancora relativamente calda e con una situazione di mare tranquillo senza turismo, molto diversa da quella degli speculari (quanto alla temperatura) mesi di maggio, giugno e luglio, che sono invece mesi affollati di vacanza.

Il ciclo transitorio della temperatura dell’acqua

Ma nel corso del suo ciclo annuale come si modifica la temperatura dell’acqua? L’aria, ad esempio, si modifica molto radicalmente e molto rapidamente. Anzi si potrebbe dire, addirittura, che più che modificarsi l’aria “si sostituisce”. Avete mai fatto caso a quelle lunghe sventolate di scirocco che riempiono di sabbia del deserto tutti i vetri delle automobili? Ebbene se ha attraversato il mare in volo addirittura la sabbia, che è materiale pesante, figuratevi l’aria. Infatti l’aria che state respirando dopo una sventolata di scirocco di tre o quattro giorni non è tanto l’aria che c’era prima maggiormente riscaldata ma è proprio l’aria che fisicamente, sotto forma di vento, è arrivata dal nord africa fino alle nostre città.

L’acqua è molto più difficile da spostare ed ha una temperatura meno facilmente variabile e quindi – pur esistendo salti di temperatura determinati da forti correnti – si tratta di un fenomeno molto più lento, articolato e influenzato da altri fattori tra i quali, al primo posto, c’è il moto ondoso di superficie. Infatti i primi strati dell’acqua sono quelli che vengono a contatto con l’aria e ne subiscono l’influenza. Quindi lentamente si freddano da settembre a marzo e si scaldano da aprile ad agosto. Mentre in profondità (diciamo sotto i 30/40 metri) nel Mediterraneo abbiamo una temperatura costante di circa 13 gradi (ricordatevi bene questo numero perché è decisivo nelle vostre riflessioni di pescatori). Ma torniamo al quesito iniziale e chiediamoci con quale sequenza avviene questo processo di riscaldamento e di raffreddamento. Dunque se partiamo da aprile vediamo che il sole comincia a scaldare lo strato superficiale dell’acqua ma, poiché l’acqua calda è meno densa la stessa rimane in alto e – se il mare è calmo – non si mescola con l’acqua fredda circostante. Dunque con tempo bello stabile avremo acqua molto calda in superficie e un taglio freddo molto fastidioso (per uomini e pesci) a pochi metri di profondità. Lentamente durante l’avanzare della bella stagione le correnti e le mareggiate, che rimescolano rapidamente gli strati superficiali con quelli immediatamente sottostanti, determinano quell’abbassamento del termoclino (quello che noi pescatori chiamiamo taglio) facendogli raggiungere temperature elevate fino a quote importanti. Pertanto, durante tutta la fase estiva di riscaldamento, i movimenti del mare rivestono una grande importanza per consentire di distribuire l’apporto di calore del sole e ottimizzare l’aumento della temperatura dell’acqua. Estati come quella appena trascorsa (oppure come quella del 2003 che è stata molto simile), con periodi lunghissimi di acqua immobile per la permanenza dell’anticiclone africano, non ottimizzano la situazione e tendono a determinare (poi naturalmente dipende dalle singole zone) acqua ferma e caldissima in superficie (con fenomeni di eutrofizzazione perfino sul Tirreno) e un taglio freddo molto accentuato a non grande profondità. Al contrario durante la fase di raffreddamento da settembre a marzo, chi la fa da padrone non è tanto il sole (che è relativamente debole e pallido) ma piuttosto il vento. Infatti i rigidi venti da nord (dalle nostre parti essenzialmente tramontana e grecale) quando soffiano radenti sull’acqua determinano rapidamente il calo della temperatura degli strati superficiali del mare, generando degli sbalzi di temperatura che possono somigliare in piccolo a quelli dell’aria. Certo la fase di raffreddamento tende ad essere più uniforme in quanto l’acqua più calda degli strati sottostanti tende naturalmente a risalire verso la superficie e – tuttavia – quando ci si trova in zone di esteso bassofondo (come ad esempio quella del Lazio nord) è evidente che una settimana di vento da nord che abbia freddato bruscamente uno strato d’acqua di 3 o 4 metri richiederà alcuni giorni di correnti ascensionali perché la temperatura dell’acqua ritorni normale. Questo stesso articolo lo sto scrivendo sotto l’impressione di una sventolata di 3 giorni di tramontana che alla metà di settembre ha fatto crollare a Santa Marinella la temperatura superficiale da 28 gradi a 20 gradi. Un fenomeno veramente impressionante.

L’influenza della temperatura sulla vita dei pesci

Padroneggiare questo scenario ci consente di poter fare delle riflessioni sull’influenza di tale ciclo di temperature annuali sugli spostamenti dei pesci nelle tre direzioni possibili delle loro migrazioni. Longitudinalmente lungo la costa. Dal largo verso terra e viceversa. E dalla profondità al bassofondo e viceversa. Tanto per cominciare parlando dei nostri mari è necessario valutare molto bene il problema della temperatura assoluta che è molto importante. Infatti affermare che oltre una certa quota ci sono circa 13 gradi costanti equivale a dire che ci vuole – certamente – un ottimo motivo per convincere un pesce a salire a quote inferiori nei momenti in cui nel bassofondo la temperatura è più bassa di 13 gradi. Questo motivo non può che essere legato ad uno degli altri tre fattori essenziali dell’esistenza e cioè la pulizia dell’acqua, il cibo o la riproduzione. Dunque il discorso generale è che quando la temperatura in superficie scende sotto i tredici gradi sarà difficile che giri pesce e questo fatto raro può avvenire essenzialmente soltanto in contesti particolari di disponibilità di cibo ovvero per la necessità di raggiungere i luoghi idonei per i montoni. Parlando di freddo si parla di spigole e tutti sappiamo bene come questo nobile pesce si riproduca nella stagione fredda e si accosti a terra in momenti in cui molte altre specie si allontanano. Perlomeno dalle mie parti abbiamo anche una specie di cefali che si riproduce a febbraio in parecchie zone vicino a terra. C’è comunque da considerare che nel Lazio nord la temperatura dell’acqua in inverno si mantiene perlopiù tra i 13 e i 15 gradi e non in tutti gli inverni raggiunge – solo per dei periodi – una temperatura di 12 gradi (al di sotto di questa temperatura non scende quasi mai). Ma se vado con il pensiero alla zona di Ortona in adriatico (zona della quale ho pure una certa esperienza diretta), devo rilevare come io abbia sempre incontrato un deserto assoluto nel pieno dell’inverno, quando la temperatura (stante il fondale molto basso caratteristico del mare adriatico) scendeva tranquillamente sotto i 12 gradi. E anche senza termometro me ne accorgevo perché mi si intirizzivano le dita e non riuscito a stringere il laccetto di gomma per liberare il coltello. Con quel freddo non si vedevano neanche le spigole e solo pochi pesciolini stanziali del bassofondo si aggiravano tramortiti tra i sassi. Ho frequentato poco la Liguria ma mi dicono, ad esempio, che anche in Liguria l’acqua sia molto più fredda che nelle altre regioni tirreniche in inverno. Ciò a causa del fatto che le montagne, con i loro nevai, sarebbero molto più vicine al mare che nelle altre regioni e quindi le acque dei fiumi arriverebbero a gettarsi in mare con temperature parecchio più basse.

Questo ragionamento della temperatura assoluta è molto semplice e chiaro ma ci soccorre solo in poche specifiche situazioni. Nella maggior parte dei casi ci troviamo a dover capire da che parte andare a pescare con una temperatura dell’acqua superiore ai 13 gradi in superficie.

Isolando l’argomento della temperatura da quello degli altri “elementi fondamentali” (acqua pulita/nutrimento/necessità riproduttiva) possiamo dire che per prima cosa un’acqua più calda di 13 gradi in superficie è una prima necessaria garanzia di poter pescare. Per seconda cosa un’acqua che tende a scaldarsi è migliore di un’acqua che tende a freddarsi: quindi sono privilegiati tutti i venti da sud, rispetto a tutti i venti da nord. Nel tirreno sono venti specialmente buoni il mezzogiorno, lo scirocco, il libeccio e il ponente. Poi per esempio da noi nel Lazio è considerato eccellente il “ponente”, in quanto provenendo dal canale di Sardegna porta anche acqua pulita (e quindi porta acqua calda e pulita con nutrienti preesistenti e onda che sbattendo ne genera di nuovi). Purtroppo il ponente non è un vento dominante nel nostro quadrante e – quindi – ci dobbiamo accontentare molto più spesso dello scirocco e del libeccio che, provenendo da sud, tendono a portare acqua si calda ma sporca (leggi fiume tevere) e, quindi, se da un lato attirano i pesci dall’altro lato li respingono. Per questo tra i pescatori si parla sempre del mitico “scirocchetto” come condizione molto buona. Praticamente parliamo di uno scirocco che sia abbastanza fresco da scaldare e smuovere ma non tanto intenso da trasportarci le schifezze del tevere (un sogno). Nel caso del tirreno centrale, due su tre dei venti da nord sono anche venti “di terra” (parlo di tramontana e grecale) e sono venti che uniscono quindi in se stessi tutte le possibili caratteristiche negative. Nel senso che freddano l’acqua e contemporaneamente spianano il mare spingendo verso il largo la corrente e i nutrienti. Quindi, nel caso di tramontana e grecale, niente nutrienti in entrata, niente nutrienti creati dall’onda e acqua che si fredda (peggio di così). Poi nello specifico bisogna “leggere” la giornata. Mi ricordo alcune mareggiate epocali di scirocco dalle nostre parti che sono state spianate in poche ore da furiose sventolate di tramontana e di grecale e che hanno creato finestre pescabili in cui ho catturato alcuni dei miei pesci più belli. Ma non è che i pesci siano stati attirati dalla tramontana e dal grecale (la situazione va capita). I pesci sarebbero entrati anche con una scaduta più lenta e anzi ne sarebbero entrati anche di più. Diciamo che la tramontana e il grecale avevano avuto solo un effetto negativo, rendendo la scaduta più rapida e il periodo in cui il pesce era entrato a terra più breve (con l’acqua in rapido raffreddamento). Solo che alla fine i pesci li avevo catturati con tramontana e grecale a oltre venti nodi e, quindi, uno che non interpretasse correttamente il contesto avrebbe potuto anche convincersi che quei venti erano stati propizi. Diverso è il discorso del maestrale che fredda, si, ma nel tirreno muove anche il mare (e quest’ultimo è un fatto positivo). Inoltre il maestrale proviene dall’atlantico occidentale e quindi è sicuramente freddo ma non è un vento così crudele come la tramontana che proviene dal mare del nord ovvero il grecale che, a dispetto del nome, proviene dalle steppe siberiane.

Come interpretare le perturbazioni per capire la temperatura del mare

Se consideriamo l’andamento normale delle perturbazioni ci rendiamo conto che questi ragionamenti sulla temperatura dell’acqua sono, per un pescatore all’agguato e all’aspetto dei nostri mari, materia di riflessione di ogni settimana per pianificare le uscite del week end.

Se c’è alta pressione ci si trova in regime essenzialmente di cielo sereno e il vento altro non è che la brezza termica di mare. E’ una situazione statica che non richiede grandi valutazione da fare sul momento in cui pescare. In condizioni, invece, di bassa pressione, sul nostro territorio italiano arrivano essenzialmente due tipi di perturbazioni: “le bionde” siberiane (più rare) e “le brune” atlantiche (molto più frequenti). Anche se nella vita vi piacciono le bionde in questo caso vi consiglio di farvi piacere le brune, perché le bionde per la pesca (e in particolare per la temperatura dell’acqua) sono quasi sempre una jattura. Dunque le bionde arrivano da “nord est” (dalla siberia) e le brune arrivano da nord ovest (dall’oceano atlantico e dalla Francia). Tutte le perturbazioni arrivano traslando verso l’Italia e contemporaneamente roteando su se stesse in senso antiorario intorno ad un minimo di pressione atmosferica. Dunque è sufficiente che prendiate una piantina dell’Europa e simuliate con il dito sulla pianta quello che a parole vi ho appena descritto per capire che (con logiche differenze a seconda dell’angolo di entrata) tutte queste perturbazioni si avvicineranno più o meno portando nella vostra zona sempre gli stessi venti tipici (che ne sono poi i famosi venti dominanti).

Per esempio da noi nel Lazio nord le bionde “entrano” con il grecale/tramontana ed escono con lo scirocco/libeccio, mentre le brune fanno il contrario ed entrano con lo scirocco/libeccio per poi uscire con tramontana/grecale. Se tenete conto del fatto che i venti delle bionde (che provengono direttamente dal mare del nord o dalla steppa) sono molto più freddi di quelli delle brune che provengono dall’atlantico del nord, vi rendete conto immediatamente che dopo due o tre giorni dall’entrata di una bionda con un trattamento a base di freddo polare, pioggia fitta (e a volte neve) e un vento di grecale furioso ad appiattire e freddare il mare, c’è poi molto poco da pescare con il piccolo “contentino” del vento da sud finale. Nel caso opposto di una bruna ecco che già l’alzata di scirocco può essere molto interessante e poi anche l’uscita di vento da nord non è detto che sia tanto furiosa da impedire di pescare. E in questo caso bisogna capire bene la finestra pescabile. Proprio in quest’ultimo fine settimana di settembre, dopo due giorni di mareggiata di scirocco e nella previsione di un entrata di tramontana forte per il giorno successivo, mi sono precipitato al mare la sera del giovedì per anticipare la pescata al mattino e cogliere quella che pensavo potesse essere la migliore finestra della scaduta, con mare mosso e non ancora tanto freddo. Purtroppo già durante la notte sentivo 30 nodi di tramontana fischiare tra gli infissi della mia casetta. Quello che ho trovato la mattina dopo è stato un mare piatto come una tavola e con un salto in superficie di sei gradi in meno rispetto alla settimana precedente. Ovviamente non ho visto un pesce.

Gherardo Zei

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