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L’aguglia imperiale di San Vito Lo Capo
Non so quanti di voi ricordano un bellissimo articolo di Riccardo Andreoli sulla pesca dell’aguglia imperiale nello Stretto di Messina. Stiamo parlando di un pesce stupendo e molto raro che viene insidiato nel messinese con apposite imbarcazioni equipaggiate con lunghissime passerelle, dalle quali si può tentare di colpirlo con delle lunghe aste dotate di arpione. Mentre la cattura di questo rostrato con il fucile subacqueo (e in particolare lontano dalla zona dello Stretto di Messina) può essere considerata un evento straordinariamente raro.
Qualche estate fa un ottimo pescatore siciliano, Paolo La Parola, ha avuto la bravura e la fortuna di catturare uno splendido esemplare di aguglia imperiale del peso di 26 chilogrammi nel mare di San Vito Lo Capo, con l’aiuto determinante del suo amico Giordano e del figlio di quest’ultimo Edoardo, un ragazzino particolarmente sveglio.
Paolo ci puoi raccontare questa magnifica cattura?
«Le aguglie imperiali si pescano essenzialmente nel messinese, ma l’anno scorso ne ho vista una di 22 chili, catturata a traina qui in zona di San Vito Lo Capo (ma parecchie miglia al largo) e ne sono rimasto affascinato. Vederla mi ha riportato alla memoria un episodio della mia infanzia. Avevo 12 anni e partecipai a salpare una rete dove si era andato ad ammagliare uno squalo elefante di cinque metri e mezzo, lo tirammo a riva e io ho una foto sopra questo elefante e siccome e poi sono scivolato e mi sono rovinato una gamba contro la pelle a smeriglio dello squalo, il ricordo è rimasto, per così dire, impresso nella mia carne. Insomma l’immagine di questa Aguglia Imperiale catturata a traina mi aveva tanto affascinato per la bellezza del pesce che, un mese prima della cattura, mi venne in sogno un’aguglia imperiale davvero stranissima. Pensandoci adesso sembra quasi un segno premonitore.
«Insomma quel 27 luglio eravamo usciti in mare all’alba insieme con Giordano, mio carissimo amico di Riva del Garda, ottimo aspettista e suo figlio Edoardo un ragazzino sveglio che ci faceva un po’ da barcaiolo ed eravamo andati in un posto da dentici. Una parete a picco con gradini sui quindici o venti metri. Il posto è pieno di dentici ma molto smaliziati e farne avvicinare qualcuno è impresa non da poco. Con Giordano siamo molto attenti alla sicurezza e mentre uno sta facendo un aspetto lungo il compagno lo guarda sempre dalla superficie. Dopo una quindicina di tuffi io ero sotto, su un gradino a 18 metri. Avendo quasi finito l’apnea mi ero staccato dal fondo e avevo cominciato la risalita guardando verso la superficie per localizzare il punto in cui Giordano si stava ventilando e mi stava controllando. L’ho visto e mi sono tranquillizzato quando, improvvisamente, dalla mia destra a mezz’acqua ad una profondità di circa 9 o 10 metri ho visto questo pesce enorme che stava navigando nella sua rotta, parallelo alla costa con andatura tranquilla; ho compreso subito che si trattava di un’Aguglia Imperiale perché aveva un rostro piccolo e ho pensato che, forse, si era un po’ affondata perché aveva percepito Giordano che era in superficie. A quel punto, io, che ero in risalita con l’apnea agli sgoccioli, ho avuto una frazione di secondo non di panico ma… non sapevo cosa fare, ero interdetto.
«Passato quest’attimo di smarrimento ho pensato: “devo provare a catturarlo”. La mia rotta in risalita si incrociava praticamente con la sua. Ho puntato il fucile verso l’alto e ho deviato leggermente per incrociare il pescione perfettamente da sotto, cercando nel contempo l’angolazione migliore per sparare. Intanto speravo che il mio compagno vedesse la situazione e si preparasse ad aiutarmi. Io assemblo fucili sottovuoto e quel giorno impugnavo un cento con canna da 13 mm (equipaggiato di asta di acciaio armonico da 7,5 mm), derivante da un montaggio di pezzi di varie marche e munito di una particolare testata sottovuoto fatta da me in Ergal con caratteristiche originali rispetto a quelle di serie, realizzata dopo cinque anni di esperienza sulle modifiche dei sottovuoto. Insomma ero armato adeguatamente e, vedendo il grande rostrato tranquillo, ho cercato di anticiparlo da sotto e, per fortuna, Giordano dalla superficie anche lui ha cominciato a nuotare per anticipare il grande pesce e si è immerso con il tempo giusto per arrivare a tiro quasi contemporaneamente a me (impugnava un Omer HF 110 modificato con il kit Alemanni per farlo diventare un Roller). Arrivato a circa 3 metri dall’Aguglia Imperiale, gli ho sparato da sotto e, solo una frazione di secondo dopo, Giordano gli ha sparato da sopra in caduta da circa 4 metri.
«Tutti e due i colpi sono passati e nonostante le due aste da oltre 7 mm in corpo, il grande pesce è partito come un treno, restando a circa quindici metri sotto la superficie e dirigendosi con andatura costante verso il mare aperto. In pochi secondi ci ha sbobinato sessanta metri di sagola dal mulinello di ciascuno e ha cominciato a trascinarci tutti e due appaiati verso il largo. Per fortuna noi avevamo Edoardo il figlio di Giordano che era sul gommone ad una cinquantina di metri di distanza. E subito Edoardo ha acceso il motore e ci è venuto incontro e così, uno dopo l’altro, abbiamo potuto salire a bordo e far stancare il pesce che riusciva a trascinare anche il gommone.
«In seguito abbiamo armato altri due fucili che avevamo a bordo e abbiamo piazzato un terzo ed un quarto colpo. Solo cinque minuti dopo il quarto colpo l’Aguglia Imperiale si è fermata in superficie e l’abbiamo legata sulla coda con una cima e tirata a bordo. Eravamo stremati e il gommone era in un caos indescrivibile di attrezzatura buttata da tutte le parti. Così, stravolti, siamo rimasti cinque secondi in silenzio assoluto e subito dopo c’è stata un’esplosione di gioia e di grida, perché non credevamo nemmeno noi stessi che fosse successo quello che era successo. Mai avevo provato una gioia del genere, neanche con grosse ricciole e cernie. E poi penso soprattutto ad Edoardo il figlio di Giordano, un ragazzino sveglio e appassionato di mare, che credo non dimenticherà mai quest’avventura. Credo che per lui la cattura dell’Aguglia Imperiale resterà per tutta la vita un ricordo leggendario».