In questa terza chiacchierata di avvicinamento al Mondiale, abbiamo parlato con il Dt, Marco Bardi, dell’universo “donna” e di come è nata l’idea di creare un Campionato al femminile.
«Tutto nasce alcuni anni fa e precisamente nel 2018, al Mondiale in Portogallo – ci racconta Bardi -, quando venne organizzato una sorta di pre Campionato, anche se non ufficiale. Una sorta di prova generale che doveva portare a un vero e proprio circuito femminile, che comprendesse Europeo e Mondiale. Si doveva iniziare in Sardegna lo scorso anno, poi è arrivato il covid e la gara è stata posticipata di una stagione. Ed eccoci qui, con il debutto delle ragazze tra neanche un mese».
Quali sono le nazioni meglio organizzate?
«Difficile a dirsi. E’ tutto nuovo. So che la Spagna ha da qualche anno un circuito al femminile, ma di più non saprei dirti. Di sicuro non è facile per nessuno creare dal nulla un team al femminile. Ad esempio, se si fosse disputato il Mondiale lo scorso anno, come previsto, per noi sarebbe stato quasi impossibile schierare una squadra, poi il covid ha fatto slittare l’evento. Allora, con 12 mesi a disposizione, siamo intervenuti per cercare di creare questo movimento».
E cosa avete fatto?
«Per prima cosa abbiamo invitato all’Assoluto le ragazze, con più o meno le stesse regole degli uomini, ma non era sufficiente. Allora ho avuto l’idea di contattarle a una a una. Ho creato il “movimento femminile” e sono riuscito a formare un gruppo che, durante il lockdown, ho sviluppato con 3 o 4 riunioni on-line. E abbiamo avuto 6 donne in gara; dovevano essere 7, però una ha dovuto rinunciare. Significa che l’interesse c’era e da lì è partito tutto. Certo, si inizia da zero e non bisogna quindi pretendere chissà che cosa, le nostre ragazze non hanno esperienza agonistica e non sono formate come bisognerebbe. Manca loro qualche gara sulle spalle. Ma siamo solo agli inizi. In questo devo dire che la federazione ha giocato un ruolo importante, mi ha sempre supportato e se siamo riusciti a schierare una squadra femminile è merito anche della Fipsas, sia dal punto di vista organizzativo che finanziario».
Chi scenderà in acqua al Mondiale?
«Maria Fanito, Alice Ferrari e Tiziana Martinelli, con Cinzia Cara nel ruolo di riserva».
Varranno le stesse regole degli uomini?
«In linea di massima sì, cambiamo però i campi di gara. O, meglio, ci sarà un campo unico, di 15 chilometri: 12 saranno riservati agli uomini e 3 alle donne. Questi ultimi hanno batimetriche meno profonde, diciamo dai 10 ai 35 metri, mentre gli uomini hanno zone che si spingono anche sul filo dei 50 metri».
Quante sono le squadre femminili già iscritte?
«Al momento le squadre complete non sono molte; so che risultano 15, 20 donne iscritte, però ci sono nazioni che schierano solo una o due atlete».
Torniamo alle nostre ragazze. Dicci qualcosa di loro…
«Come accennavo, partono da zero, solo Fanito ha disputato qualche selettiva. Un po’ come un tempo accadeva alle ragazze dell’apnea, quando cominciarono. Nel gruppo ho inserito anche Ilaria Molinari; so bene che non gareggerà, ha infatti smesso pure con le competizioni in apnea. Durante una riunione ha detto: quando abbiamo iniziato eravamo nella stessa situazione: eravamo poche, considerate scarse e non sapevamo a cosa saremmo andate incontro. Poi sappiamo tutti cosa è successo. Il movimento femminile nell’apnea è ormai una realtà a livello Mondiale e le nostre ragazze stanno vincendo titoli a raffica. Questo per dire che non sarà semplice arrivare in alto, anche come numeri, però l’interesse c’è. Noto una grande motivazione e un notevole spirito di gruppo. E questo mi fa ben sperare. Poi, possiamo contare su atlete giovani, come Cinzia Cara, che ha una vita davanti. All’Assoluto, ad esempio, queste ragazze non sono arrivate in fondo alla classifica, hanno messo dietro qualche uomo con anni di esperienza. Significa che le basi ci sono. Adesso serve tanto lavoro e non farsi inutili illusioni. Se si avrà pazienza e costanza il movimento crescerà e anche i risultati inizieranno ad arrivare».