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Le due facce della medaglia

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Il cefalo, un pesce non da tutti apprezzato, però divertente e per nulla semplice da cacciare. Il discorso vale soprattutto per i grossi esemplari che si incontrano, al libero, in acque limpide e pulite: oltre a risultare più buoni da mangiare, mettono spesso a dura prova la nostra abilità… 

Cruditè di cefalo alla pesarese

La cattura di un cefalo in acque pulite e non troppo fangose consente diverse variabili culinarie, a partire dalla possibilità, nella stagione giusta (generalmente l’autunno), di preparare la più saporita e aromatica delle bottarghe; serve un processo casalingo di salatura ed essiccazione non particolarmente complesso (Vedi Pescasub&Apnea di ottobre 2012).

Se, invece, decidiamo di cuocerlo (al  forno, al cartoccio, alla  brace) ricordiamo che i risultati potranno essere migliori o peggiori a seconda della specie.

Da noi in Romagna, ad esempio, il cefalo più ricercato rimane sempre la “miccia”, denominazione locale del non mai abbastanza celebrato Mugil cephalus, riconoscibile, oltre che per le grosse dimensioni, anche per la forma schiacciata della testa, per le membrane protettive che coprono gli occhi e per lo strato di muco viscido che protegge la superficie corporea. Oltre a essere, per stazza e combattività, una preda interessante a cui sparare, ha qualità organolettiche un gradino sopra quelle degli altri muggini e ha la prerogativa di “entrare” dal largo in momenti particolari della stagione, restando nelle basse acque litoranee per periodi di tempo limitati e non tali da consentire l’acquisizione, da parte delle carni, del caratteristico retrogusto di fango.

Se tuttavia vogliamo ricavare il meglio dai cefali che abbiamo catturato, la preparazione “a crudo” rimane, secondo un giudizio abbastanza unanime, una delle migliori. La carne delicatamente grassa, infatti, è in grado di fornire un carpaccio addirittura migliore di quello di un pesce decisamente più quotato come la spigola

L’estate scorsa, a una cena della società Sub Tridente di Pesaro, ho potuto gustare una sequenza di carpacci uno più buono dell’altro. Ho chiesto ai “cuochi”, tre esperti atleti del sodalizio, di scrivermi le loro ricette e, per non fare torto ad alcuno, le riporto tutte e tre.

Ettore Trebbi. Dopo la sfilettatura del cefalo, versare su un vassoio olio di sapore delicato e spremervi sopra un limone. Amalgamare il tutto con un cucchiaio fino a ottenere un’emulsione cremosa. Appoggiare i filetti sul vassoio facendo sì che l’emulsione “tocchi” entrambe le superfici dei filetti. Salare leggermente, poi prendere un limone intero bio (non sottoposto a trattamenti anticrittogamici) e grattugiarne la buccia sinchè tutta la preparazione non sia coperta da un sottile velo di scagliette gialle.
Giacomo Palazzi Tagliare il cefalo a  fettine sottili e batterle delicatamente con un batticarne per ridurne ulteriormente lo spessore. Versare in un vassoio olio e succo di arancia o limone. Emulsionare con un cucchiaio (la quantità deve essere tale da poter coprire il pesce). Adagiare le fettine. Salare con sale fino, pepare con pepi misti macinati. Mettere bacche rosa macinate (in salamoia ) e frutta secca (mandorle e pistacchi ). Lasciare riposare due ore in frigo.
Gianfranco Franca Dopo aver sfilettato il cefalo, aggiungere sale e pepe grattugiato, un po’ di buccia di limone e lasciare insaporire una ventina di minuti. Prendere un vasetto di vetro con il tappo stagno, versarvi il succo di un mezzo limone e agitare il tutto a mo’ di shaker finché non vedremo che il contenuto si addensa.  Versare la “citronette” così ottenuta sul pesce in maniera omogenea. Se il quantitativo non ci pare sufficiente, basta aggiungere dell’olio. Come guarnizione ci si può sbizzarrire a seconda dei gusti: pomodori e cipolla, timo, menta. La cosa importante é inserire sempre una componente croccante, come ad esempio mandorle tritate, noci o semi di zucca tostati. Accompagnare con un buon bicchiere di frizzantino e… buon appetito! 

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