Itinerari

Oceano, una forza incontrollabile

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Ci troviamo a Cap Sizun, nel Finistère bretone, una delle propaggini più occidentali del continente europeo.

E’ in posti come questo che, tra burrasche, correnti e maree di prodigiosa ampiezza, il mare può dare dimostrazione di tutta la propria spaventosa potenza. Vediamo come, dove e cosa pescare   

Consigli di viaggio

Come arrivare: abbiamo raggiunto Cap Sizun e la Bretagna in automobile, attraversando le Alpi al traforo del Frejus e proseguendo in autostrada lungo la direttiva Lione, Clermont-Ferrand, Bourges, Tours, Nantes. Da qui si percorre la superstrada E60 sino a Quimper, proseguendo infine sulla strada nazionale D784 sino ad Audierne. Si tratta di un viaggio discretamente impegnativo (1.185 chilometri dal confine italiano) e dispendioso quanto basta (87.30 euro  l’importo complessivo dei pedaggi autostradali per una singola tratta, a cui vanno aggiunti i 43.50 euro del transito al Frejus). A parziale consolazione, ricordiamo che il costo dei carburanti, in Francia, è di un buon 20 per cento inferiore rispetto all’Italia. L’alternativa può essere trovare un volo su Brest o Nantes e noleggiare un’auto all’aeroporto. 

Dove soggiornare: l’hotel più comodo in assoluto, dal quale raggiungere tutte le zone di pesca descritte, è l’ Hôtel de la Baie des Trépassés, situato in posizione panoramica sull’omonima baia ed è peraltro uno dei pochi presenti fuori dai grossi centri di Audierne e Douarnenez. Il costo della doppia in agosto è di 80 euro al giorno, colazione esclusa. Vi è la possibilità di farsi conservare il pesce in congelatore, ma non potranno cucinarlo perché le norme locali lo vietano.

Un’alternativa interessante, e particolarmente conveniente è rappresentata dal soggiorno nelle cosiddette chambres d’hôtes, specie di bed&breakfast spesso ricavati in fattorie, aziende vinicole o case d’epoca. Oltre a farvi godere di una maggiore libertà rispetto all’hotel, consentono un contatto più diretto con lo stile di vita locale. Nella zona di Cap Sizun, in particolare, l’offerta per questo tipo di sistemazioni è molto elevata.

Dove mangiare: la cucina bretone è gustosa e (parere personale…) più vicina ai nostri gusti rispetto a quella tradizionale francese. La fanno da padrone le specialità a base di pesci dell’Atlantico (rombi, branzini, sogliole, ali di razza, San Pietro), di crostacei (granceole, astici, aragoste) e di molluschi (cozze e cappesante). Di ottimo livello (però non particolarmente economico) il Restaurant de la Baie des Tréspassés, annesso all’hotel omonimo. Meno costoso (ma con un ottimo rapporto qualità-prezzo) l’Albatross, situato lungo la passeggiata sul porto-canale di Audierne. Una gradevole alternativa ai ristoranti classici è rappresentata dalle crêperies, dove potrete, ad esempio, gustare le tradizionali galettes bretonnes au blé noir,  grosse crespelle di grano saraceno condite con gli ingredienti più svariati, ma anche un buon piatto di moules (cozze), che da queste parti sono piccole ma “pienissime”, e molto richieste. Gradevole, per l’arredamento di foggia tradizionale, e molto frequentato dai locali, è la crêperie Le Raz du Sein, sulla litoranea meridionale, un paio di centinaia di metri prima della svolta per la Baie des Tréspassés. Con poco più di dieci euro vi riempirete lo stomaco. Una curiosità: la bevanda “nazionale” bretone non è il vino, né la birra, bensì il sidro, rinfrescante e poco alcolico, bevuto nelle tradizionali e pittoresche tazze!

Cosa vedere: la maggiore attrazione della zona è rappresentata dal sistema di sentieri (300 chilometri complessivi da Douarnenz ad Audierne) che tra falesie, punte, spiagge, fiumi e vallate conduce gli escursionisti attraverso panorami naturali davvero belli. Imperdibili le escursioni sino alla Pointe du Raz e alla Riserve du Cap Sizun (sul versante settentrionale). Dal porto di Audierne è possibile prendere il traghetto per visitare l’Île de Sein, una piatta isola al largo della Pointe du Raz, che ospita un pittoresco borgo di pescatori e la cui visita risulta particolarmente spettacolare quando l’oceano è agitato.

Audierne, e la più grande Douarnenez, sono cittadine antiche e molto ben conservate. Conobbero il loro massimo sviluppo alla fine dell’800, in quanto centri portuali importanti per la pesca e l’industria conserviera delle sardine. All’inizio del ‘900, tuttavia, le sardine improvvisamente scomparvero (la famosa “crise sardinière”) ma, dopo un breve periodo di recessione, le marinerie locali seppero risorgere riconvertendosi alla pesca dell’aragosta e a quella, a più lungo raggio, di tonni e merluzzi. Douarnenez, al proposito, ospita sulle rive dello storico porto-canale un interessante museo galleggiante di barche storiche. Nell’interno, la piccola città di Point Croix, di origine medioevale, offre scorci suggestivi. Tra le altre cose è possibile visitarvi un antico mulino a maree, sulle rive del fiume Goyen, che l’attraversa.

Quella volta che…

Mi immergo sulla costa nord dopo un paio di giorni di burrasca:come mi aspettavo l’acqua è torbida e, soprattutto, invaso da miliardi di piccole meduse Pelagia noctiluca. La maggior parte risulta fortunatamente allo stadio giovanile: presentano già abbozzati, sotto al cappello, i classici otto tentacoli, però privi dei lunghi filamenti urticanti. Valuto pertanto che il loro potere lesivo sia minimo, e proseguo. Salvo pentirmene poco dopo allorché, raggiunta una delle mie zone preferite, la densità dei celenterati risulta talmente elevata da annullare quasi la visibilità e da costringermi a procedere coprendo con la mano libera le zone del volto attorno alle labbra, non protette da muta e maschera. 

In un punto, le meduse risultano talmente fitte da costituire una specie di vortice che occupa quasi tutta la colonna d’acqua sino alla superficie, e lasciando libero solo uno strato di un paio di metri sul fondo.

Sto per allontanare quando, dalla superficie, vedo uno sciame di riflessi argentei che si dirige contro l’enorme agglomerato di meduse  e inizia a sua volta a vorticarvi intorno, attaccando quelle più esterne. Mi tuffo ben staccato dall’immenso “blob” urticante e, raggiunto il fondo, sui dieci metri, mi avvicino strisciando. Dal basso

l’ammasso di meduse rossicce fa veramente impressione, ma al tempo stesso esercita su di me un’attrazione magnetica che mi obbliga, quasi, a restare in attesa. I pesci argentei che avevo individuato sono sgombri,  grossi come non ne avevo mai visti in Mediterraneo. Scopro ben presto che non sono gli unici predatori attratti dalle meduse: arrivano infatti branchi di aguglie, mentre sul fondo incrociano le tanute, a loro volta in evidente frenesia alimentare. Mi divertirò, nelle due uscite successive, con il tiro al bersaglio su sgombri e tanute, tutte di peso, pagando  il solo scotto di qualche leggera irritazione alla cute e alle mucose delle labbra. Poi, il terzo giorno, come per incanto, le meduse sono scomparse e con esse i branchi di pesce.

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