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Passare molte ore in mare
Ricevo tante lettere da principianti ed appassionati che mi chiedono consigli su come migliorare le proprie prestazioni. La cosa che più mi colpisce è che nella maggior parte delle lettere ricorrono sempre più o meno le stesse richieste. Sono domande che esprimono, di solito, quesiti piuttosto generici sugli elementi di base del nostro sport. Come posso migliorare la mia apnea? Come posso scegliere i posti? Quale fucile devo usare? E qualche volta qualcuno chiede addirittura: come posso catturare più pesce?
Sono quasi sempre in imbarazzo nel rispondere in quanto si tratta di argomenti di base, sui quali sono stati spesi fiumi d’inchiostro ed esistono migliaia di articoli scritti da moltissimi autorevoli campioni e pescatori. Come posso rispondere nelle poche righe di una lettera? E’ impossibile!
E poi mi sorge spontanea, a mia volta, una domanda: come mai moltissimi appassionati che di sicuro leggono tutte le pubblicazioni di settore, continuano a fare domande generiche sulle tematiche di base del nostro sport? Non è strano? Dovrebbero già sapere più o meno tutto, almeno in teoria, e invece continuano a scrivere chiedendo a me ed a tanti altri vecchi ed esperti subacquei le risposte ai principali quesiti del nostro sport che, evidentemente, ritengono di non essere ancora riusciti a sviscerare completamente. Tentano di trovare la pietra filosofale della pesca subacquea!
La tematica delle eterne domande sui quesiti di base del nostro sport mi è sembrata interessante ed ho dedicato un po’ di tempo a cercare di capire il perché di questo approccio da parte di molti appassionati. Alla fine credo di aver trovato una risposta andando a rivisitare indietro nel tempo le sensazioni della mia storia personale di subacqueo. Mi ricordo benissimo di avere provato anche io le stesse sensazioni e gli stessi dubbi. Compravo incessantemente tutte le pubblicazioni e le riviste in cui si parlasse direttamente o indirettamente di pesca in apnea. E alcune di queste pubblicazioni mi hanno assolutamente affascinato e sono diventate per me un “oggetto di culto”, come il mitico “Speciale” sul tre volte Campione del Mondo Renzo Mazzarri. Leggendo e rileggendo sono arrivato ad un punto nel quale sapevo in teoria tutto quello che era necessario sapere e parlavo compiutamente di “aspetto” e di “agguato”, riportando come un’enciclopedia vivente tutte le opinioni dei principali esperti della materia. Eppure nonostante questa mia profonda erudizione teorica continuavo a porre a me stesso ed a tutti i migliori subacquei che incontravo sempre le stesse domande, quelle che oggi molti principianti pongono anche a me! Lo facevo perché alla mia conoscenza teorica non corrispondeva una sensazione di effettiva padronanza delle nozioni che conoscevo in teoria. Se in quegli anni, per esempio, io eseguivo un aspetto, lo facevo spesso meccanicamente, come se fossi un operatore che seguiva le “istruzioni per l’uso” di un manuale utente. Magari vedendomi dall’esterno la mia azione poteva anche sembrare corretta ma io stesso “sentivo” che non avevo una reale convinzione nella correttezza della mia tecnica; percepivo di non capire le sfumature ed i particolari del mondo sottomarino in cui mi stavo muovendo. Per questo continuavo a ripetere a me stesso e a tutti i colleghi che mi capitavano a tiro sempre le stesse domande. In teoria avevo già le risposte esatte, ma per me queste risposte erano solo delle parole messe in fila una dietro l’altra, erano dei suoni in lingua italiana e non certo delle profonde convinzioni. Quando sai una cosa ma non la senti tua è come se non la sapessi. Quando fai una cosa senza una profonda convinzione è come se non la facessi. Questa è la verità! Ma come si fa a raggiungere questa profonda convinzione? Credo che il sistema possibile sia soltanto uno: andare in mare spesso.
Andare in mare il più spesso possibile e poi, subito dopo avere finito, ritornarci ancora di nuovo! Nella vita non esiste un premio vero senza impegno, disciplina e un pizzico di sacrificio! Infatti per me le cose si sono svolte esattamente così. Ricordo perfettamente la sensazione di sbigottimento di quando vidi la prima spigola veramente grossa venirmi incontro all’aspetto. Sembrava che si affrettasse verso la punta del mio fucile come una persona in ritardo ad un appuntamento. Ricordo lo stupore dopo aver sparato alla prima orata veramente grossa. L’orata era in sagola e stava sbattendo in tutte le direzioni con estrema violenza. Dapprima mi sentii agitato per la paura di strapparla ma poi mi rilassai di colpo e mi venne quasi da sorridere sott’acqua. Che io la strappi o non la strappi – pensai – ho colpito un pesce veramente incredibile: ma come ho fatto? E poi, dopo queste prime belle catture, la mia vita in mare è proseguita ancora con migliaia di ore di pinne sotto il sole o nella bruma di cupe giornate piovigginose. Nel corso del tempo ho acquistato freddezza nella fase del tiro. Mi ricordo che un tempo sapevo tutto teoricamente sul tiro ma sbagliavo spesso perché l’emozione era veramente troppo grande. Io credevo di essere freddo e controllato ma, solo adesso che lo sono davvero, mi rendo conto di quanto non lo ero per niente. Per forza sbagliavo spesso! Poi dopo anni e anni di mare ho cominciato a sentirmi diverso. E’ avvenuto quasi senza accorgermene e senza percepire sensazioni particolari che mi mettessero sull’avviso del cambiamento in atto dentro di me. Improvvisamente un giorno mi sono guardato dentro e mi sono trovato diverso. Mi sono accorto che entravo in acqua con una disinvoltura quasi professionale che non avevo mai avuto prima. Mi sono accorto che non mi stupivo più quando i pesci mi arrivavano a tiro, ma anzi al contrario ormai parecchie volte ero in grado di prevedere con anticipo quello che sarebbe accaduto. Allo stesso modo ormai ero in condizioni di accorgermi quando i pesci non venivano ed era inutile continuare a tentare. Sparavo con freddezza e non perdevo più la calma davanti all’arrivo improvviso di belle prede. Mi sembrava di “capire le logiche del mare” e sentivo quasi di appartenere al mare. Quasi quasi mi verrebbe da dire che mi sentivo diventato un “uomo di mare”. Vi assicuro che per me che sono nato e sempre vissuto a Roma è stata una bellissima sensazione della quale vado estremamente orgoglioso. Ma soprattutto mi era passata la voglia di fare sempre le stesse domande. Andare in mare per molti anni e per molte migliaia di ore mi aveva fornito quella profonda convinzione negli insegnamenti, a suo tempo ricevuti dai subacquei più bravi ed esperti di me, che prima non ero riuscito ad avere. E credo che con questa riflessione possiamo chiudere il ragionamento e dare una risposta al quesito che abbiamo posto all’inizio. La sola soluzione possibile agli eterni dubbi è quella di andare per mare! Una buona conoscenza teorica è utile per accelerare la fase di apprendimento in mare, ma non potrà mai sostituirne l’importanza dell’esperienza in acqua e nemmeno ridurre più di tanto il tempo necessario per acquisirla. In ogni caso ci vorranno alcuni anni con due o tre uscite a settimana per sperimentare e metabolizzare veramente tutti i suggerimenti e gli insegnamenti ricevuti dagli istruttori, dalle pubblicazioni o, semplicemente, dai subacquei più esperti. In caso contrario resteremo sempre emotivamente estranei alle nozioni che abbiamo appreso senza “sentirle nostre” e non riusciremo a metterle in pratica. Anzi continueremo a riformulare in eterno le stesse domande, cercando nelle parole una risposta che possiamo trovare solo nell’acqua del nostro amato mare.