Agonismo
Quattro chiacchiere con Antonio Mogavero
Prospettiva Mondiale
Ciao Antonio, come va e, soprattutto, come è andata questa Asian Freediving Cup?
«Direi piuttosto bene! Nelle Filippine ci sono state 2 gare, a Camote e a Panglao. Nei giorni di preparazione mi sono focalizzato sul ritrovare le belle sensazioni, portando diversi tuffi oltre i 100 metri. sono rimasto colpito dalle performance di Alessia Zecchini: è stata fortissima, mettendo anche a segno un World Record. Per me era la prima gara dell’anno e ho dichiarato quote abbastanza conservative. Il mio obiettivo era il podio, che viene contato in overall, sommando cioè i vari risultati ottenuti. Andando avanti con i tuffi ho iniziato a raggiungere sensazioni bellissime che mi hanno fatto capire che potevo farcela».
A proposito di sensazioni bellissime, qual è stato il tuffo che ti è piaciuto di più?
«Prima di stabilire il National Record, il tuffo in cui sono stato meglio è stato durante gli allenamenti. In Free Immersion sono sceso a 100 metri; ho provato sensazioni stupende e per me è stato importante perché l’ultima volta che avevo tentato una prestazione massimale in Fim era stato a Roatan, nel 2019. Fu una discesa molto difficile, un tuffo lungo e impegnativo, che era durato 4 minuti e 20 secondi.
«Portando avanti la tecnica, anche grazie ai suggerimenti di Thibault Guignes, sono riuscito ad accorciare sensibilmente il dive time, riducendolo di oltre un minuto. Il record italiano è stato infatti di 105 metri, con un tempo di immersione di 3 minuti e 17 secondi».
Come è continuata poi la competizione?
«Ho capito che potevo ottenere il record a Panglao e per tutta la durata delle Asian Cup c’è stata una guerra psicologica con Jin (Sendoh) Wang, che era stato campione asiatico nelle ultime 5 edizioni e stava difendendo il titolo. Il primo giorno non ho gareggiato, lasciando i miei rivali con qualche perplessità a riguardo. Invece lui, lo stesso giorno, ha piazzato 116 metri in Cwt, mentre io ho deciso di lasciare la monopinna come disciplina finale. Il secondo giorno sono sceso a 105 metri in Fim e in Cnf avevo accumulato più punti, piazzando 76 metri, con 6 di distacco dal secondo miglior risultato.
«L’ultimo giorno avevo dichiarato 111 in Cwt, mentre lui 109 in Fim. La sua dichiarazione mi aveva spiazzato, anche perché non pensavo che li avesse mai fatti. Nell’ultima gara ho patito. Intorno ai 95 metri c’era termoclino, il cavo curvava per la corrente ed era un momento in cui era importante mantenere la concentrazione. Io ho girato a 107, e ha vinto lui. È stata una competizione entusiasmante e molto combattuta. Bellissima!»
Ma non è finita qui, giusto? Come ti senti per questi mondiali alle porte?
«Sono carico! Dopo qualche giorno di meritato riposo, dal 10 luglio fino all’inizio dei mondiali ho programmato un blocco di allenamenti di profondità. 2 volte a settimana faccio palestra e continuo la parte di meditazione, che non abbandono mai. Non vedo l’ora di tornare a Roatan, ho un sacco di bei ricordi là, tra i quali uno dei miei primi record in Free Immersion.
Il posto è paradisiaco. Sarà difficile, per chi come me, non è abituato ad adattarsi al caldo e al cibo diverso da quello solito».
Come è messa l’Italia quest’anno? Che impressione hai a riguardo?
«La squadra è fortissima, sarò insieme a Simona Auteri, Davide Carrera, Vincenzo Ferri, Linda Paganelli e Alessia Zecchini. Staremo a vedere!».
Hai qualche Record che proverai a ottenere? Qualche anticipazione?
«Nei Mondiali conta il gioco di squadra e il risultato collettivo. Il record nazionale non è il mio primo obiettivo, anzi, se dovessi fare una scelta preferirei che il team portasse a casa una medaglia in più. Ai Mondiali si partecipa per l’Italia e per la squadra, gli obiettivi strettamente personali possono aspettare».
Qualche atleta che darà del filo da torcere e che tutti dovrebbero conoscere?
«Quando parliamo di Mondiali il livello è al top e sono tutti incredibilmente forti. Sicuramente Molchanov, dopo un anno di squalifica, tornerà super in forma. Walid Boudhiaf, della nazionale tunisina. Per il resto non so ancora chi ci sarà per certo, ma la competizione è assicurata. Noi italiani siamo sempre lì a giocarcela, e ovviamente daremo tutto!».
In definitiva, come ci si prepara per un mondiale?
«L’apnea moderna è strutturata in ogni minimo dettaglio. Ci alleniamo seguendo una periodizzazione basata su 4 punti principali. La preparazione fisica, nella quale si stressa il fisico per far avvenire una serie di adattamenti al cardio, alla forza, alla resistenza. Si cerca di creare l’atleta prima dell’apneista, e questo periodo dura 3, 4 mesi. Poi c’è una fase di lavoro mirato all’apnea. Si lavora sulla resistenza alla CO2, all’ottimizzazione dell’ossigeno e a rendere il proprio corpo efficiente trattenendo il fiato. Si parla di lavori ipercapnici e di abituarsi al gesto di trattenere il respiro. Infine, una parte di lavoro specifico, dove si mantengono i vari esercizi, ma la profondità diventa l’obiettivo primario, curando la tecnica e lavorando molto sull’ipossia e sul dive time. Sono lunghi periodi in cui si fa tanto mare e si limano tutti gli aspetti, dalla tecnica a quelli mentali. Durante i tuffi si studiano i grafici delle discese, delle risalite, si analizza ogni dato annotando sensazioni positive e negative. Così si costruisce una prestazione».
Quando è importante strutturare e protocollare una performance?
«Tutto l’allenamento ruota intorno alla costruzione di quel tuffo, perciò è estremamente importante sapere cosa fare e quando farlo in ogni metro della discesa e della risalita, girata compresa. Naturalmente, non sono dettagli che si possono improvvisare in gara, ma deve essere tutto accuratamente preparato a monte».
Che ruolo ha lo sponsor nella vita di un apneista?
«Ha un ruolo fondamentale, non solo perché leghi la tua immagine a qualcosa che le persone valuteranno e compreranno, ma anche perché deve saperti dare i giusti stimoli e rassicurazioni. Il mio primo sponsor fu Cetma, ormai 6 anni fa. Michele Giurgola fu il primo a essere sponsorizzato, io il secondo. Ero giovane, loro hanno da subito creduto in me e così ho potuto dedicare molto più tempo all’apnea e all’allenamento. Tutt’oggi sto con Cetma, che è diventato negli anni un brand di livello mondiale e di grandissima qualità, e collaboro con loro nella promozione e nei test dei nuovi prodotti.
«Gli sponsor sono fondamentali nella vita di un atleta e c’è sempre bisogno di trovarne di nuovi e validi. Un altro brand con cui sto collaborando è below50, azienda di vestiario svizzera che tratta abiti ecosostenibili, con materie prime che non provengono da colture intensive e materiali con zero sprechi e completamente rispettosi verso l’ambiente e l’inquinamento del mare e delle acque».
Un domani ti piacerebbe anche insegnare?
«Insegno già da quando ho 18 anni. Sono diventato istruttore Pfs, ho conseguito un crossover sulle didattiche federali e ho lavorato per 5 anni a Y-40, tenendo stage, corsi e collezionando molta esperienza, affiancandomi a grandi professionisti del settore, come Pelizzari e Mardollo. Dal 2022 sono diventato freelance e sono coaching. Mi appoggio ad altre società e spesso mi chiamano per fare stage o consulenze. Nei periodi di riposo mi dedico a lezioni private e a trasmettere quello che giorno dopo giorno imparo, anche guardando in presa diretta uno sport che è in continua evoluzione. A oggi riesco a dedicare 2 settimane di allenamenti, 3 o 4 volte l’anno».
Che consiglio daresti a chi vuole provare a percorrere la strada per diventare apneista?
«Consiglierei sicuramente di aprirsi, vivere situazioni all’esterno, non solo nel panorama italiano. Credo sia importante viaggiare, conoscere e imparare in luoghi dove l’apnea è trattata in modi diversi. Bisogna essere pronti a prendere tanti no, vedersi chiudere tante porte in faccia e non scoraggiarsi. Soprattutto, per gli allenamenti consiglierei di affidarsi a professionisti seri, sia in piscina che in palestra. Sono tanti a millantare di essere dei buoni allenatori, ma nell’apnea è fondamentale fare tutto in piena sicurezza e consapevolezza, con allenatori seri e affidabili. Non importa che il tuo allenatore vada a 30 metri, ma che sappia quello che spiega, che abbia una buona formazione e che dia sicurezza».
Filippo Carletti