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Attualità

Una signorina timida e ritrosa

SOTTO LA LENTE: LA MOSTELLA

Una signorina timida e ritrosa

Appartiene alla categoria dei “brutti ma buoni”, pesci poco appariscenti e relativamente facili da catturare che tuttavia rappresentano sempre un incontro gradito, intanto per la bontà delle loro carni. Vediamo come si cattura  di Alberto Martignani

Forse non tutti sanno che la mostella è uno dei pochi “gadidi” (pesci, cioè, della famiglia dei merluzzi) che vivono in Mediterraneo, e probabilmente l’unico, a quanto ne so, che vive in tana. L’affiliazione a questa famiglia è denunciata, piuttosto eloquentemente, dal barbiglio carnoso presente sotto il mente, che ha funzioni di organo di senso. Con i parenti nord-atlantici e scandinavi, la mostella condivide la tenerezza e la sapidità delle carni, non, purtroppo, le dimensioni…

Il paragone (ardito?) con una signorina “tutta casa e chiesa”, se non proprio con una monaca di clausura, mi è venuto in mente soprattutto per le sue abitudini schive e sfuggenti, che la vedono soggiornare esclusivamente in tana, nelle ore diurne. Ecco perché chi non ha l’abitudine di infilarsi con regolarità all’interno di spacchi e pertugi, potrebbe anche non averla incontrata mai.

In realtà la multiforme Phicis phicis (questo il suo nome scientifico) ha anche qualcosa di vampiresco: calate le tenebre, esce dal suo sacello di roccia per aggirarsi nei dintorni e azzannare ghiottamente i piccoli pesci, invertebrati e molluschi di cui si nutre. Per poi tornare, all’approssimarsi dell’aurora, nell’oscurità rassicurante di una tana profonda.

Individuazione

Oltre a essere abbastanza rara, questa specie non presenta una diffusione geografica particolarmente estesa, localizzandosi solo in Mediterraneo e, per quanto concerne

l’Atlantico, esclusivamente lungo le zone a ridosso di Gibilterra (Spagna atlantica, Portogallo e Marocco), oltre che sulle isole al largo (Canarie e Azzorre.) Anche

in Mediterraneo, tuttavia, la sua distribuzione non è uniforme: predilige i bacini occidentali, in particolare la Corsica, la Gallura, la Spagna, l’Adriatico croato, mentre a est è più rara e non risulta presente in Mar Nero.

La mostella predilige i fondali rocciosi e tuttavia, in Alto Adriatico, mi è capitato di individuarne piccoli esemplari sulla sabbia, alla base di qualche frangiflutti artificiale. La si incontra a  profondità variabili, difficilmente a meno di una dozzina di metri in estate, mentre fuori stagione si spinge più di frequente a quote inferiori, nelle tane che sovente condivide con altre specie (soprattutto saraghi, scorfani e corvine), eccezion fatta per quelle (cernie, gronghi e murene) delle quali, date le ridotte dimensioni, finirebbe facile vittima. Sembra che le tane più adatte a ospitarla siano quelle con il fondo fangoso, l’ingresso stretto e la volta ampia.

Si tratta per lo più di incontri occasionali, tranne che in due circostanze. La prima è che il sub, tanista convinto, conosca bene i buchi da visitare. La mostella, infatti, è un pesce abitudinario: catturato un esemplare in una tana, non è detto che qualche altro pesce torni ad abitarla. C’è anche da dire che molti sub “evoluti” evitano di sparare alle mostelle. Pare infatti che la loro presenza dentro uno spacco ne faciliti la colonizzazione, in una specie di simbiosi, anche da parte di altre prede più prestigiose. L’altra situazione è rappresentata dalle catture effettuate, in gara, dopo aver marcato i pesci nel corso della preparazione.

La mostella mostra una livrea poco appariscente, con tonalità che variano dal giallastro al marrone, al grigio, con un effetto mimetico davvero efficace nella penombra della tana. Può essere tradita, tuttavia, dal candore latteo del barbiglio, che non di rado è il primo elemento che la fa individuare.

Può anche accadere che l’istinto di territorialità la porti a venire incontro al sub se questi si è fermato, immobile, a eseguire un “aspettino” all’imbocco di una tana sufficientemente ampia. M a riprova del fatto che, quando si tratta di pesci tutto è possibile, un amico, appena rientrato  da una trasferta in Spagna, mi ha raccontato una cosa curiosa: una mostella gli era arrivata all’aspetto addirittura fuori dalla tana (seppure nelle immediate vicinanze dell’imboccatura)!

Attribuirei a questa fase qualche frazione di punto in più, in virtù della rarità del pesce in questione.

Difficoltà…Voto: 6.5

Approccio

I suggerimenti sono quelli, canonici, della pesca in tana. L’approccio va sempre effettuato cercando di presentare all’imboccatura la minor sezione possibile del  corpo. Ci si affaccerà, almeno inizialmente, solo con il viso protendendo nella medesima direzione la mano armata e quella che impugna la lampada. La quale non va accesa subito in quanto i  pesci scafati di oggigiorno hanno imparato ad associare  il fascio luminoso alla fucilata in arrivo, e tendono a fuggire dopo pochi istanti.

Si dovrà attendere qualche secondo che la vista si adatti all’oscurità (alcuni accelerano tale fase socchiudendo parzialmente le pupille appena prima di affacciarsi) e la lampada va accesa solo se necessario, avendo cura di dirigere la luce anche verso il soffitto della tana, che nasconde sovente rientranze o l’imbocco di cunicoli secondari.

Anche se la mostella ha un carattere scontroso, che la porta a defilarsi con una certa rapidità dopo aver subodorato il pericolo, consiglio di accertarsi rapidamente, prima di premere il grilletto, che la tana non accolga altri “ospiti”. Magari un saragone da chilo o una grassa corvina che avrebbero logicamente la precedenza

Attribuirei pertanto anche a questa fase un  piccolo bonus di punteggio in più.

Difficoltà…Voto: 6.5

Sparo

Il tiro va indirizzato alla testa per facilitare la successiva fase di recupero. E’ ovvio, date le ridotte dimensioni del pesce e il fatto che stiamo operando in tana, che un fucile corto e di potenza ridotta sarebbe l’ideale. Purtroppo è probabile che ci si imbatta nella mostella per caso, nel corso di una pescata indirizzata a prede di maggiori dimensioni, o da insidiare prevalentemente al libero.

D’altro canto non avremo tempo di risalire per sganciare e cambiare tacca all’elastico (o farlo direttamente in immersione) in quanto difficilmente ritroveremmo la mostella alla discesa successiva. Meglio allora pensarci prima se ipotizziamo di poter incontrare mostelle o comunque prede di dimensioni non eccessive. In caso contrario, dovremo fare buon viso a cattivo gioco e decidere al momento se la cattura di questo pesciotto valga lo scotto di un’asta spuntata o il rischio, peggio ancora, di incastrarla all’interno dello spacco.

Nonostante questi distinguo, ci troviamo comunque di fronte a una fase di difficoltà non eccessiva.

Difficoltà… voto: 6

Recupero

Mi è capitato di recente che il mio compagno di pesca sparasse in tana a una mostella senza poi riuscire a estrarla dal buco. Accade a causa della proverbiale tenerezza delle carni per cui, se il colpo non è preciso o l’animale si incastra in qualche meandro, la probabilità di strapparlo diviene elevata. Mi capitò, qualche anno fa, di sparare a una mostella con un pneumatico molto carico, armato con una fiocina a cinque punte. Rimasi delusissimo allorchè la fiocina tagliò a metà il pesce, rovinandolo irrimediabilmente. Forse, in alcuni casi, converrebbe rinunciare a sparare se le dimensioni non sono proprio eccelse o se stiamo impugnando un’arma eccessivamente potente.

Difficoltà… voto: 6

Conclusioni

Il computo complessivo dei punti fa registrare 25, che è un totale

tutt’altro che trascurabile (analogo a quello del sarago maggiore e di un solo punto inferiore a quello della corvina, specie sciafila, ossia amante dell’ombra, come la nostra mostella). Obiettivamente, non si può dire che si tratti di un pesce tecnicamente troppo difficile da catturare, ma incide sul punteggio l’obiettiva scarsa diffusione nei nostri mari

Box Quella volta che…

Una dozzina d’anni fa, molto più che al giorno d’oggi, la Corsica sud-occidentale era infestata di saraghi nel bassofondo. Stavo pescando lungo la costa a sud di Campomoro, divertendomi un mondo con il mio novantino e l’asta leggera da 6 a catturare gli sparidi all’agguato. Non disdegnavo, ogni tanto, d’infilarmi sotto qualche lastrone, alla base della scogliera. Operazione tuttavia non sempre facile, data la mancanza di una lampada, che in Corsica è vietata.

Fu così che, intravvista poco oltre l’imbocco di una tana, la sagoma di una mostella, non esitai a premere il grilletto, centrando il bersaglio. Una violenta vibrazione dell’asta e il sollevarsi di una nuvola di sospensione, mi segnalarono che la mostella non doveva essere la sola ospite della tana. La visibilità era in pratica azzerata, così procedetti, con cautela, a estrarre l’asta avendo, sin da subito, la certezza che questa si trascinasse dietro ben altro… E infatti recuperai anche un sarago da chilo, perfettamente centrato a metà corpo e che risultò essere la cattura più bella della giornata.

                           Lupu di scoggihu a brodetto 

In cucina, la mostella è arcinota per la magrezza delle carni, la consistenza tenera,

l’elevata digeribilità e l’assenza di lische. Bisogna però fare attenzione a non protrarre oltre il dovuto la cottura, che deve essere veramente di pochi minuti, pena lo sfaldarsi delle carni.

La preparazione più indicata è quella a vapore (con un filo d’olio), migliore dell’altrettanto praticata bollitura, in quanto impedisce la dispersione dei succhi proteici e dei sali minerali, di cui è ricca.

Una ricetta siciliana semplice ma dalla riuscita incredibile, è quella della mostella in brodetto: una volta eviscerata, va adagiata in una casseruola, dove è stato preparato un brodetto con aglio, olio, pomodorini e un rametto di prezzemolo, il tutto allungato con acqua e un pizzico di sale. Saranno sufficienti, come si diceva, pochi minuti di cottura per lato, dopodiché si procederà a regolare di sale, pepe e prezzemolo.

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