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Usiamo la testa: Fabio Aleandri
Attenti a noi e… anche agli altri
A mio avviso l’Emporio del Pescatore, di Fabio Aleandri, è l’emblema della pesca nella Capitale. Un negozio che ha fatto la storia e che ha fatto innamorare del mare migliaia di appassionati. Proprio come accadeva a me quarant’anni fa in un altro storico negozio, dove mi avvicinavo con lo spirito trasognato di chi si avventura nel proprio immaginario, conquistato dalla bellezza delle attrezzature, dall’ambiente suggestivo e dal linguaggio al tempo stesso brusco e sapiente dei “lupi di mare” che lo frequentavano. Mi sentivo come il giovane Jack London e pensavo che, forse, anch’io un giorno, con impegno e sacrificio, avrei potuto arrivare a essere uno di loro.
Sono passati otto lustri da allora e la mia passione per il mare non è cambiata e nemmeno la mia ammirazione per i grandi pescatori carichi di esperienza. L’unica differenza è che adesso sono anziano e mi onoro della personale amicizia di molti di loro e, tra gli altri, anche di quella di Fabio, uno dei pescatori più noti della regione e conosciuto anche fuori dal Lazio.
Oggi, pertanto, gli facciamo la domanda delle “cento pistole”. Cosa deve fare il pescatore per tutelare in mare la propria e la altrui sicurezza?
«Intanto – risponde Fabio – bisogna distinguere quelli che sono i due pericoli principali del nostro sport: da un lato la sincope anossica e dall’altro il possibile investimento da parte di motoscafi e imbarcazioni. Per quanto riguarda questo secondo aspetto, dobbiamo spesso avere occhi anche per i diportisti, che sovente sono sprovveduti. Questo perché, alla fine, chi ci rimette in caso di incidente siamo sempre noi. Un po’ come quando andiamo in bicicletta in città. Bisogna stare attentissimi a ciò che fanno gli automobilisti, soprattutto i più distratti, per evitare di venir stirati. Quindi, controlliamo sempre l’efficienza e la dimensione della boa segnasub e non perdiamo mai di vista cosa ci accade intorno. Allo stesso modo in cui si sta attenti quando si attraversa la strada, sia pure sulle strisce, così bisogna prestare attenzione in mare, tenendo conto del fatto che ci possono essere condizioni di controsole o di onda, nelle quali per il navigante risulta difficile scorgere il pallone. Meglio essere prudenti anche per gli altri. Il primo consiglio è quindi quello di pensare sempre a noi stessi, riflettere bene su dove ci si trova e su cosa si sta facendo in termini di sicurezza. Recentemente a Vulcano, in una giornata tranquilla di ottobre, pur regolarmente e abbondantemente segnalato, non mi ero reso conto di trovarmi troppo dietro una punta e in controsole. Ho avuto fortuna. In pratica, quando il grosso motoscafo mi è arrivato sopra senza vedermi e senza che io avessi visto lui, mi stavo giustappunto immergendo perché avevo appena finito di ventilarmi. L’ho percepito nel corso della capriola. Due pinnate di fretta per mettermi al sicuro dalle eliche e me lo sono visto transitare esattamente sopra la testa. Eppure avevo il pallone della Cressi di dimensioni maggiorate e, badate bene, lo tenevo accanto in modo da essere visibile al massimo.
«Sul rischio della sincope, ovviamente, i corsi di apnea sono fondamentali per spiegare e inculcare nelle teste degli allievi quali siano i reali pericoli – spiega Aleandri -. Il pericolo diminuisce molto quando il giovane pescatore sa come ventilarsi per non incappare nella iperventilazione e conosce quali sono i segnali di pericolo che ti manda l’organismo: dalla fame d’aria alle contrazioni diaframmatiche. La sicurezza aumenta quando viene insegnato che laddove la profondità è vicina al proprio limite, bisogna comportarsi con la massima prudenza e avere il compagno sopra. Quando vengono fatti metabolizzare questi fattori e vengono insegnate le contromisure da mettere in atto, ecco che la sicurezza si incrementa di moltissimo. Quello che posso aggiungere è solo di stare attenti alla profondità e di staccare dal fondo alla minima avvisaglia di pericolo. Si può fare la “cavolata” a tre metri come a trenta, ma a tre metri c’è parecchio margine per recuperare, mentre a trenta praticamente non ce n’è e ogni errore si paga salato.
«Il negozio è un palcoscenico privilegiato e ho constatato che la prima categoria di coloro che rischiano è quella dei giovani rampanti, quelli che stanno bruciando le tappe. Si tratta di ventenni molto forti fisicamente e bene allenati, che si sono caricati di spirito agonistico con l’apnea e che cercano troppo spesso la prestazione al limite. La classica forzatura da “colpo di testa” o se preferite da “ragazzata” che però, sappiamo bene, che il mare non perdona ma che, del resto, si paga cara anche andando in macchina o in motocicletta. Insomma, i giovani rischiano tanto se non hanno accanto dei pescatori maturi ed esperti, che siano abbastanza autorevoli da essere ascoltati.
«Un’altra categoria che può rischiare in determinate circostanze è il bravo pescatore di una certa età che, tuttavia, non può andare costantemente in mare per i tanti impegni familiari e professionali – racconta sempre Aleandri -. E’ esperto e, di norma, è prudente, ma può capitargli di trovarsi in vacanza a quote più profonde di quelle consuete e di vedere qualche bel pesce che lo invita a spingersi oltre. Al limite, rischiano meno queli più scarsi che i pesci non sono nemmeno capaci di vederli. Ma questo genere di appassionato, che ha l’esperienza per vederli certi pesci ma non sempre la forma fisica per catturarli, deve essere molto prudente e lucido, così da staccare immediatamente quando è necessario, anche se il gruppo di dentici sta per arrivare a tiro. Paradossalmente, chi ha una certa esperienza corre questo tipo di rischi proprio quando si trova in vacanza ed è più in forma e ha fiducia nei propri mezzi. Per quanto mi riguarda, se qualche volta mi sono trovato a risalire con le gambe pesanti, ho subito lasciato quella zona, portandomi immediatamente a terra, in due o tre metri d’acqua. Potevano anche esserci i dentici, ma me ne sono immediatamente andato via senza alcun rimpianto.
«Solo due parole sulla pesca in coppia – Conclude Aleandri -. Scendere in due con un solo fucile e con il compagno che vigila dalla superficie (purché sia all’altezza di gestire una situazione di sincope) è un’ottima soluzione da adottare sotto una certa batimetrica. Bisogna tuttavia ammettere, francamente, che se ci si dedica all’agguato e all’aspetto in poca acqua, la pesca in coppia è tecnicamente impossibile da praticare: non si vedrebbe una coda! Quindi, prudenza e lucidità. Sempre».